martedì 6 gennaio 2009

IL PARLAMENTO ITALIANO - LICEALI SOTTO CHOC A ROMA


ARTICOLO IL TIRRENO DEL 4 GENNAIO 2009


I senatori in aula? Pochi, distratti e rumorosi

I ragazzi della Quinta A scrivono a Napolitano: «Se questa è la politica...»

Sono di un liceo di Pontedera: l’entusiasmo si è trasformato in amarezza. La prof: gli ho chiesto scusa


PONTEDERA. Doveva essere un viaggio di apprendimento, invece, la visita al Senato della Repubblica, si è rivelata una delusione. Anzi, i ragazzi della quinta A del liceo scientifico XXV Aprile di Pontedera sono rimasti imbarazzati, amareggiati, quasi choccati. Un’aula, quella che hanno visto a Palazzo Madama, deserta e disinteressata. Banchi vuoti, senatori distratti e rumorosi. Quando sono tornati in classe, quel disappunto lo hanno voluto scrivere al presidente della Repubblica, al quale hanno indirizzato una lunga lettera, nella quale hanno raccontato quella brutta esperienza.
Al Senato sono arrivati nel pomeriggio del 2 dicembre. Sono stati accolti nella Biblioteca di Palazzo Madama, dove una addetta li ha istruiti: «non potete fare foto, non potete tenere accesi i telefonini, né parlare o applaudire», si è raccomandata. Ma, appena la scolaresca è arrivata in galleria, dove ha assistito alla seduta, si è trovata davanti a uno scenario imbarazzante. «Eravamo un po’ intimoriti - hanno scritto i ragazzi al presidente della Repubblica - perché la signorina che ci aveva accolti, ci aveva anche spiegato l’importanza dell’argomento che veniva trattato: la conversione in legge del decreto “recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio”. Eravamo un po’ emozionati. Ma poi siamo rimasti stupiti, mettendoci seduti, nel vedere che decine di posti erano vuoti, che le tribune erano pressoché deserte e che nessuno di quei pochi signori presenti stava ascoltando il presidente».
Hanno chiesto ai commessi, gli è stato risposto che i senatori conoscevano già il disegno di legge in discussione e la lettura era solo una formalità. E che presto la situazione sarebbe cambiata. «Ma con il passare dei minuti - spiegano ancora i ragazzi nella lettera a Napolitano - la situazione degenerava: i senatori parlavano tra loro e al cellulare con estrema naturalezza, generando un fastidiosissimo brusio di sottofondo, peraltro non captato dal Presidente che neppure tentava di richiamare all’ordine i senatori».
Altri senatori, più pacati «sfogliavano le pagine dei quotidiani o dei giornali di gossip», molti «continuavano tranquillamente a conversare» anche mentre l’esponente del proprio gruppo parlava in aula, salvo poi, a discorso concluso, girarsi e applaudire «senza nemmeno aver ascoltato una virgola dell’arringa». A peggiorare la situazione anche le parole di un senatore, captate dai ragazzi. Raggiunti i visitatori in galleria, il politico cercava di spiegare: «E’ normale, da anni capita così. L’italia, ormai, è un paese che non può essere più riformato. I senatori si presentano solo per le votazioni più importanti. Il titolo, ormai, è acquisito». L’unica cosa provata uscendo da Palazzo Madama, raccontano gli studenti in conclusione «era delusione, amarezza, vergogna. Come si può governare bene un Paese se non si siede quasi mai in quelle tribune? Come si possono risolvere i problemi dello Stato senza dar loro attenzione? Come si può aiutare un Paese cha sta soffrendo, che ha molte lacune da sanare, che ha gravi problemi da affrontare, se si hanno radicate nella mente le convinzioni di quel senatore?». Quesiti che, una volta tornati in classe, i ragazzi hanno proposto prima di tutto ai loro insegnanti. Lucia Ciampi è la professoressa di Storia della quinta A del liceo scientifico di Pontedera. Insieme alla collega Caterina Bargellini ha accompagnato la classe a Palazzo Madama. «Erano tutti preparatissimi - racconta - Io faccio un corso di educazione civica che dura tre anni: i ragazzi conoscono la Costituzione, le regole delle nostre istituzioni. Questo è servito ad affrontare il viaggio con impegno, con dedizione. Nessuno s’aspettava quel che poi hanno visto, anche se li avevo avvertiti che potevano rimanere delusi. Ma non in quel modo. Io stessa ho provato uno stupore negativo. Ci aspettavamo maggiore correttezza, anche formale. Invece lo spettacolo che abbiamo avuto davanti è stato poco edificante e, soprattutto, poco educativo. Ho sentito il dovere di scusarmi e alla fine mi hanno ringraziato per l’opportunità che hanno avuto. Quel che mi ha fatto piacere è che la loro reazione non è stata rassegnata. Tutt’altro. È stato motivo per sfoderare un maggiore impegno morale e civile. La politica è una cosa nobilissima, non la brutta cosa che ci siamo trovati davanti a Roma».

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