venerdì 7 agosto 2009

Ex Enichem: via i camini della centrale elettrica

E’ partita la demolizione dei camini della centrale elettrica dell’ex Enichem Agricoltura. L’intervento, la cui conclusione è prevista alla fine del corrente anno, rientra nelle opere di bonifica dell’isola 9 all’interno della quale insisteva anche il laboratorio chimico in uso all’azienda.


Nessuna attività è stata invece avviata nell’isola 5 e l’isola 16, aree sottoposte alla messa in sicurezza di emergenza sulle quali grava ancora oggi un provvedimento di sequestro penale disposto nel 2001 dalla procura di Foggia, che di fatto impedisce l’accesso e, di conseguenza, il completamento della caratterizzazione dei terreni e l’abbattimento delle due torri di Prillino e della sala di controllo.

Nell’ultima conferenza di servizi svoltasi a Roma nei giorni scorsi presso il Ministero dell’Ambiente, il direttore generale ha concordato con le parti presenti, tra cui Syndial SpA (la società del Gruppo Eni che detiene la proprietà dell’area e degli ex impianti produttivi dello stabilimento chimico e che sta portando avanti le operazioni di bonifica del sito industriale), organizzazioni sindacali, Regione Puglia e Comune di Manfredonia, l’invio di una delegazione ministeriale in loco intorno alla metà di settembre allo scopo di effettuare un sopralluogo che sia utile alla rimozione del cavillo burocratico che impedisce a tutt’oggi il dissequestro delle due summenzionate isole.


L’area ex Enichem, fortemente infrastrutturata e per questo predisposta ad accogliere nuove iniziative
imprenditoriali la cui nascita era stata incentivata con le agevolazioni e gli incentivi del contratto d’area, veniva richiesta per l’insediamento di nuove fabbriche. La mancanza di sincronia tra i tempi della bonifica e i processi di reindustrializzazione e il sovrannumero di richieste di insediamento arrivate, hanno portato all’utilizzo di altri terreni lungo la statale 89 Manfredonia-Foggia.


Per il completamento della bonifica del sito industriale ex Enichem compreso tra i primi 15 maggiormente contaminati in Italia, che interessa anche la falda acquifera, si dovranno probabilmente attendere altri 5 anni.

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