venerdì 31 luglio 2009

dal blog dei grilli manfredoniani........MERAVIGLIA AMBIENTALE



Nella giornata di ieri sono andato a Siponto a fare un po di pattinaggio. Avevo una grande voglia di testare la meravigliosa pista ciclabile inaugurata da Zingariello qualche tempo fa, ma più che i pattini o la bici ci vorrebbe un carro armato per scorrere su strada. Segnaletica non completata o completamente sbagliata, asfalto rovinato e con buche (per l'asfalto sabbioso si ringrazia l'appaltatore foggiano De Bellis), segnaletica orizzontale già cancellata. La pista non ha fondamento... nasce all'improvviso e finisce all'improvviso in un incrocio dove è consigliabile fermarsi e farsi venire a prendere da qualcuno per evitare di essere investiti... Insomma una pista ciclabile "giocattolo" che tutto sembra fuori che una pista ciclabile (per vedere com'è una pista ciclabile vedere Alba Adriatica), pagata con i nostri soldi ben 400000 euro. Soldi che il nostro assessorato all'ambiente poteva spendere per bonificare Siponto o meglio ancora utilizzarli per un bellissimo progetto proposto anni fa da ISOLA5 nella zona ex Enichem, dato che le morti per tumore a Manfredonia aumentano sempre di più e chi è malato di tumore non può andare in bici. Le meraviglie del nostro comune continuano... Arrivederci alla prossima puntata.

ECCO COME SI COSTRUISCONO LE PISTE CICLABILI, CON MENO FONDI...

giovedì 30 luglio 2009

intervista ad Alessandro, l’amico di Qui Milano Libera che insieme a Dario è stato querelato e prontamente indagato per violazione della privacy


“Questo è un paese infarcito di una infinità di regole la cui violazione è abitualmente tollerata. Un paese serio è un paese dove ci sono poche regole fatte ferreamente rispettare. Questa è la differenza fra il suddito e il cittadino: il suddito è un soggetto cui sono imposti infiniti obblighi e infiniti divieti; normalmente gli si permette di farne strame ma se alza la testa gli si chiede conto e ragione di tutte le violazioni fino a quel momento perpetrate. Il cittadino è un uomo a cui sono imposti pochissimi obblighi, pochissimi divieti per la cui violazione non c’è perdono, non ci sono il condono edilizio, il condono fiscale, l’amnistia, l’indulto: c’è il rigore. Ma, rispettati quegli obblighi, è un uomo libero e più nessuno può infastidirlo”.
Piercamillo Davigo

martedì 21 luglio 2009

Inquinamento alla foce del Candelaro

Un forte inquinamento alla foce del Candelaro è stato denunciato dalla sezione sipontina di Legambiente presieduta da Vincenzo Renato. I dati parlano redatti da Legambiente al passaggio di Goletta verde 2009 parlano di coliformi fecali e streptococchi fecali maggiore di 500 ufc per 100ml e di escherichia coli maggiore di 1000 ufc per 100ml, mentre i limiti devono essere al di sotto di 100 ufc per 100ml.

“Tale inquinamento - spiega Vincenzo Renato - sarebbe conseguenza dello scarico nelle acque del fiume di fogne cittadine per niente depurate".

Il fiume Candelaro attraversa buona parte del territorio della Capitanata raccogliendo lungo il suo percorso le acque di scarichi fognari di numerosi paesi limitrofi, anche grossi centri, con ultimo lo scarico del depuratore del comune di Manfredonia. “In pratica diviene la cloaca a cielo aperto della provincia di Foggia”, denuncia Renato.

Inoltre sarebbero stati segnalati scarichi di altri tipi di inquinanti come prodotti chimici impiegati in agricoltura ed in particolare: pesticidi fosforati come il clorpyrifos, dove non esiste alcuna normativa che detta i limiti di concentrazione previsti. “Ciò comporta seri pericoli per chi si bagna o peggio consuma frutti di mare come le vongole che sono tipiche della zona del litorale sud”, continua il presidente del circolo Nautilus di Legambiente, che evidenzia come di conseguenza non siano balneabili alcuni tratti di costa del comune di Manfredonia, nello specifico: canale ex fogna di Manfredonia (81 metri), foce canale acque alte (51 metri), foce canale Carapelle (178 metri), foce canale Peluso (188 metri), foce torrente Candelaro (1479 metri), foce torrente Carapelle (319 metri), foce torrente Cervaro (188 metri), foce torrente Ippocampo (90 metri), lido di Siponto (214 metri), porto di Manfredonia (317 metri), scarico faro (63 metri).

“Ricordiamo che gli inquinanti di tipo fisico, chimico e microbiologico presenti nelle acque di balneazione possono determinare nell'uomo patologie di natura infettiva, infiammatoria, allergica e disturbi di vario genere”, evidenzia Vincenzo Renato, che fa notare come solitamente prima dell'apertura della stagione balneare i sindaci, con propria ordinanza, rendano esecutivi i divieti di balneazione per le zone inquinate, ma ad oggi ciò non risulta per il comune di Manfredonia.

Pertanto, Renato si auspica che al più presto i metri di costa interessati siano sottoposti al divieto di balneazione con obbligo di segnalazione alla popolazione tramite cartelli, secondo le leggi vigenti. Ciò al fine di tutelare la salute pubblica.

lunedì 20 luglio 2009

Sonia Alfano ricorda Giuseppe Gatì in via D'Amelio 19 07 2009

19 luglio....un giorno infame!!! ciao paolo

nonostante sembra che ormai sia finita,in questa brutta italia c'è un ultimo fascio di luce formato da gente che non vuole mollare e che continua a lottare in nome dei tanti eroi dell'antimafia.
PAOLO BORSELLINO ERA UNO DI LORO!!! CIAO PAOLO IO NON TI DIMENTICO.....GRAZIE

giovedì 16 luglio 2009

da i grillimanfredoniani.blogspot

STIAMO DIVENTANDO UNA FOGNA

Dopo le abbondanti pioggie delle scorse settimane stiamo assistendo a Manfredonia a ciò che era già prevedibile da tempo. Invasioni di scarafaggi e ratti di fogna, con un miscuglio di odori nauseabondi in tutta la città, terreni e strade che cedono, permettendo ai suddetti animali di scorazzare in piena libertà per la città, spiaggie mancanti delle più elementari norme igieniche (tanto che il comune vuole togliersi da ogni responsabilità, magari dando in concessione le spiaggie a privati), scarichi a mare senza nessun criterio e rispetto per lo stesso mare, tanto che lo Stato ci classifica come zona non balneabile (e con zona si intende tutto il litorale, fino a Foggiamare). Insomma la bellissima città che era Manfredonia si sta trasformando in una vera e propria fogna. Qualche minoranza disperata di cittadini si sta mobilitando per fare petizioni. Petizioni che è facile prevedere quale fine faranno. In compenso, però, adesso abbiamo la "pista ciclabile" a siponto (che pian piano sta diventando una palude) che necessita di interventi di bonifica. Pista ciclabile costata (A NOI CONTRIBUENTI) circa 400000 euro. Ma come? quell'opera vale 400000 euro? Una "cosa" che non è neanche riconosciuta come pista ciclabile costa questa cifra? Non sappiamo se è permesso a noi cittadini conoscere e vedere come sono stati spesi questi soldi, ma contatteremo il nostro Assessore all'Ambiente del Comune di Manfredonia Salvatore Zingariello per saperne di più.
Una delle domande che faremo al nostro Assessore è con che criterio si da una concessione per costruire un lido privato sul lungomare di Siponto e VERSARE CEMENTO SULLA SPIAGGIA!! LA NOSTRA SPIAGGIA!! E come si può recintare una sorgente presente in questo lido e renderla privata... LA NOSTRA SORGENTE. Non sappiamo di chi sia questo Lido... Forse di un nostro dipendente che presta servizio in Comune, magari come Assessore al bilancio dello stesso comune. Non sarebbe dovere dell'Assessore all'Ambiente intervenire in questi casi? E non è un nostro DIRITTO sapere che fine fanno i soldi delle nostre costosissime bollette come quella dell'immondizia? E non è nostro DIRITTO sapere se l'acqua che beviamo è potabile? E non è un nostro DIRITTO sapere se il nostro (ex) bellissimo mare è ancora balneabile? E non è un nostro DIRITTO avere spiaggie libere sufficientemente grandi per chi non può permettersi i Lidi privati? E non è un nostro DIRITTO godere dei doni che Dio ci ha fatto con la natura, ILLEGALMENTE OCCUPATA da chi sente il diritto di fare ciò che vuole? Non è nostro DIRITTO sapere che stanno costruendo un Inceneritore NON DICENDO NULLA ALLA CITTADINANZA andando contro ogni principio costituzionale?
Non è percaso nostro DIRITTO VIVERE LA VITA SERENAMENTE SENZA CHE QUALCUNO SE NE APPROPRI INGIUSTAMENTE?

Giancarlo D'Isita

appello alla disobbedienza civile di Alex Zanotelli in tema di reato di clandestinità.

Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano. Non avrei mai pensato che un paese come l’Italia avrebbe potuto varare una legge così razzista e xenofoba. Noi che siamo vissuti per secoli emigrando per cercare un tozzo di pane (sono 60 milioni gli italiani che vivono all’estero!), ora infliggiamo agli immigrati, peggiorandolo, lo stesso trattamento, che noi italiani abbiamo subito un po’ ovunque nel mondo.

Questa legge è stata votata sull’onda lunga di un razzismo e di una xenofobia crescenti di cui la Lega è la migliore espressione. Il cuore della legge è che il clandestino è ora un criminale. Vorrei ricordare che criminali non sono gli immigrati clandestini ma quelle strutture economico-finanziarie che obbligano le persone a emigrare. Papa Giovanni XXIII° nella Pacem in Terris ci ricorda che emigrare è un diritto.

Fra le altre cose la legge prevede la tassa sul permesso di soggiorno (gli immigrati non sono già tartassati abbastanza?), le ronde, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione ed infine la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all’anagrafe. Questa è una legislazione da apartheid, che viene da lontano: passando per la legge Turco-Napolitano fino alla non costituzionale Bossi-Fini. Tutto questo è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. Questa è una cultura razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’emarginazione.

«Questo rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa - così hanno scritto nel loro appello gli antropologi italiani - contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali». Vorrei far notare che la nostra Costituzione è stata scritta in buona parte da esuli politici, rientrati in patria dopo l’esilio a causa del fascismo. Per ben due volte la Costituzione italiana parla di diritto d’asilo, che il parlamento non ha mai trasformato in legge.

E non solo mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno anche di essere cristiano: questa legge è la negazione di verità fondamentali della Buona Novella di Gesù di Nazareth. Chiedo alla Chiesa italiana il coraggio di denunciare senza mezzi termini una legge che fa a pugni con i fondamenti della fede cristiana.

Penso che come cristiani dobbiamo avere il coraggio della disobbedienza civile. È l’invito che aveva fatto il cardinale R. Mahoney di Los Angeles (California), quando nel 2006 si dibatteva, negli Stati Uniti, una legge analoga che definiva il clandestino come criminale. Nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri nella sua cattedrale, il cardinale di Los Angeles disse che, se quella legge fosse stata approvata, avrebbe chiesto ai suoi preti e a tutto il personale diocesano la disobbedienza civile. Penso che i vescovi italiani dovrebbero fare oggi altrettanto.

Davanti a questa legge mi vergogno anche come missionario: sono stato ospite dei popoli d’Africa per oltre 20 anni, popoli che oggi noi respingiamo, indifferenti alle loro situazioni d’ingiustizia e d’impoverimento.

Noi italiani tutti dovremmo ricordare quella Parola che Dio rivolse a Israele: “Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto” (Esodo 22,20).

sabato 11 luglio 2009

14 LUGLIO 2009 - PRIMO SCIOPERO DEI BLOGGER

dal blog di beppe grillo......Un appello per Rudra Bianzino

Roberta Radici è morta in un ospedale in attesa di un trapianto di fegato. Il suo nome non dirà molto a chi segue la televisione o legge i giornali. Era la vedova di un falegname, Aldo Bianzino, morto in carcere, la cui colpa era coltivare piantine di canapa indiana nell'orto. Roberta partecipò al V2Day, vidi suo figlio. Roberta pianse di gioia per la partecipazione alla sua tragedia di una piazza San Carlo piena all'inverosimile. Forse la sua malattia è stata accelerata dallo stress, dal dispiacere. Alla fine di dicembre nel 2007 scrivevo nel blog:
"Qualcuno bussa alla tua porta. E' lo Stato. Ti porta via dalla tua famiglia. Da tuo figlio di 14 anni. Ti accusa di aver coltivato delle piantine di canapa indiana nell'orto di casa. Ti mette in cella. Ti uccide. Non è l'Argentina dei colonnelli e neppure l'Unione Sovietica di Stalin. E' l'Italia di Mastella e di Amato. Aldo Bianzino è stato assassinato in carcere. Ucciso due volte. Prima dai suoi carnefici e poi dai media che lo hanno ignorato. La vedova di Aldo si chiama Roberta Radici. Nell'intervista che ci ha rilasciato ha detto: "Non so cosa pensare dello Stato. Cosa pensare della giustizia."
La famiglia Bianzino era composta da Aldo, la moglie Roberta, il figlio Rudra e la nonna, morta poco dopo Aldo. Non era una famiglia benestante.
Rudra ora è solo. Deve sostenere le spese per il processo penale contro i carcerieri di Aldo e studiare, prepararsi a un futuro. Lancio insieme a Jacopo Fo e al Meetup di Perugia una sottoscrizione per Rudra. Il blog seguirà il processo Bianzino fino alla fine, come ha fatto per i processi Rasman e Aldrovandi. Un filo rosso di vergogna per le istituzioni unisce tra loro queste morti di innocenti.
Non lasciamo solo questo ragazzino. Facciamolo per noi, prima ancora che per lui.


Potete versare i vostri contibuti sul conto corrente aperto presso Banca Etica, IBAN: IT61R0501812100000000128988 BIC: CCRTIT2T84A intestato a: "PER RUDRA BIANZINO".
Bianzino

venerdì 10 luglio 2009

WE ARE NEDA


CIAO NEDA IO NON TI DIMENTICO!!!

giovedì 9 luglio 2009

lunedì 6 luglio 2009

dal blog di piero ricca.......QUASI SGARBI 7

Capita che un assessore del comune di Milano venga allontanato dal suo incarico. Capita che a Salemi, un comune siciliano di undicimila abitanti, qualcuno abbia pensato a lui come futuro sindaco. Capita che questo qualcuno sia il titolare di un curriculum raccapricciante. Capita che il sindaco di Salemi sia oggi Vittorio Sgarbi.

La settimana scorsa, per la rassegna ‘la Milanesiana‘, la sala Buzzati del Corriere ospitava un incontro intitolato ‘I professionisti dell’antimafia’. A trattare il tema di fronte ad una platea di signore e signorine della Milano bene, tra gli altri, Vittorio Sgarbi, fratello della direttrice artistica dell’evento.
In questi anni abbiamo imparato molto sul personaggio. Basterebbe la lettera anonima, letta in televisione senza contraddittorio, che attribuiva a Don Pino Puglisi, vittima di mafia, frasi diffamatorie contro Gian Carlo Caselli. Basterebbero la condanna per diffamazione aggravata o quella per falso e truffa aggravata ai danni dello Stato. Basterebbe conoscerlo, uno così, per avere la decenza di non invitarlo a sproloquiare di antimafia. Purtroppo la sorella Elisabetta (con lui nella foto) deve pensarla diversamente.
Insieme ad Antonio ci sistemiamo in seconda fila. Le hostess distribuiscono notes per prendere appunti. Giovani donne sfogliano copie gratuite del Corriere come fosse la prima volta. La sala è piena, qualcuno rimane in piedi.
Decidiamo che avremmo aspettato il momento delle domande, quando Sgarbi viene avvertito della nostra presenza. Un suo collaboratore ci piantona. Gli amici della questura si dispongono tutti sul nostro lato della sala. Una hostess mi invita a spegnere la telecamera.
Il moderatore cede la parola a Sgarbi, che esordisce raccontando di essere perseguitato da alcuni “seguaci di Grillo o di Travaglio” che lo subissano di invettive non appena nomina Caselli, giustificando così la scelta di approcciare l’argomento da tutt’altra prospettiva.
Ma le bordate non tardano ad arrivare. Siamo testimoni di affermazioni come “io ho più paura dell’antimafia che della mafia”, “la mafia è ormai ridotta a bande disorganizzate”, “I mafiosi non ci sono più perché hanno paura delle intercettazioni”. Dev’essere per questo che vogliono ridimensionarle, le intercettazioni!
Tra balle e parolacce, l’incontro volge al termine. Nonostante le particolari attenzioni che il galoppino di Sgarbi mostra di volerci dedicare, preparo la telecamera e dico ad Antonio di tenersi pronto a filmare ogni cosa.
“Con che faccia parla di mafia avendo uno sponsor come Pino Giammarinaro?”, gli domando portandomi a bordo palco. Sgarbi cambia espressione: “Non è il mio sponsor!”

Prima di continuare, prendiamoci una pausa. Chi è Giuseppe Giammarinaro detto Pino? Si dice che a volere Sgarbi a Salemi sia stato lui. Si dice che a Salemi non si muova foglia che ‘Giammy’ non voglia. Si dicono molte cose, ma lasciamo perdere e vediamo invece quello che di quest’uomo si sa.
Nella Sicilia dei cugini Salvo, “uomini d’onore della famiglia di Salemi” (Tommaso Buscetta), Pino Giammarinaro è un esponente di spicco della DC andreottiana. Nel corso del processo ad Andreotti, i pm dimostreranno la vicinanza del senatore a vita con i Salvo anche attraverso i suoi rapporti con Giammarinaro.
La magistratura si interesserà a lui già nel 1981, ma i guai seri arrivano negli anni novanta. La Guardia di finanza attribuirà a Giammarinaro la gestione “illecita e personalistica” della Usl di Mazara del Vallo. Patteggerà un anno e dieci mesi per corruzione, concussione, associazione per delinquere e abuso d’ufficio, risarcendo 200 milioni di lire alla USL.
Alle accuse della Guardia di finanza si aggiungono le rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia. Deputato regionale per la DC, sarà accusato di associazione mafiosa dalla D.d.a.. Sceglie la latitanza in terra di Croazia. Verrà poi arrestato e processato, ma la riforma del cosiddetto ‘giusto processo’ lo favorirà clamorosamente. Due pentiti e un imputato non ripeteranno in aula quanto dichiarato durante la fase istruttoria, vanificando così l’impianto dell’accusa. Antonio Ingroia sarà costretto a chiedere l’assoluzione già in primo grado. “Questo processo rappresenta emblematicamente la distanza della verità processuale dalla realtà delle cose”, dirà Ingroia nella sua requisitoria. Ritenuto comunque soggetto pericoloso, il Tribunale di Trapani disporrà quattro anni di sorveglianza speciale e l’obbligo di dimora a Salemi (che tra l’altro non rispetterà).
Nonostante il regime di sorveglianza speciale, Giammarinaro non rinuncia ad una nuova candidatura alle regionali per il Biancofiore. Ma questa volta non ripeterà il successo del 1991.
In un rapporto della squadra Mobile di Trapani, che nel 2008 finisce agli atti della commissione nazionale antimafia sulla sanità trapanese, ritorna il nome dell’ex deputato regionale Giammarinaro, ancora una volta tra i possibili referenti politici del malaffare. Nella medesima relazione si fa il nome del super latitante Matteo Messina Denaro. Insomma, tanta bella gente!

Queste le cose che si sanno sul conto di Pino Giammarinaro. Sgarbi ne è a conoscenza? Ero lì per domandarglielo, nonostante avessi già letto alcune sue dichiarazioni: “I Salvo? Dimenticati. Giammarinaro? Un galantuomo accusato ingiustamente. La nostra presenza a Salemi è stata già più giovevole di vent’anni di antimafia”.
Ma Sgarbi non ha voglia di rispondere. Preferisce urlare: “Ladri, ladri”, “Tu sei mafioso”. Lo Sgarbi di sempre!
Ha inizio la solita bagarre. Sgarbi pretende che ci sia impedito di filmare. Il galoppino piantone allunga le mani e a furia di tirare si impossessa della telecamera. A me e Antonio non rimane che inseguirlo, vessati da Sgarbi, dalla sorella, e dalla Digos che prova a trascinarci fuori. Una giovane accompagnatrice di Sgarbi mi strattona, strozzandomi con la tracolla della mia borsa. “Mollami”, le grido. “Dai, picchiami se hai il coraggio!”, mi risponde lei con gli occhi fuori dalle orbite. Chiedo ad un agente di identificare la squinternata. “Tu non mi dici cosa devo fare”, mi risponde lui mentre mi ’scorta’ verso l’uscita. Cari ragazzi!
La telecamera, priva del grandangolo, è nelle mani del galoppino. Io e Antonio veniamo condotti all’esterno per la consueta identificazione. Passeranno diversi minuti prima di avere notizie. Con tutta calma il sindaco di Salemi prende visione del contenuto della videocassetta. Benissimo!
Ma ecco la sorpresa. Introdotto da Giorgio Grasso, altra vecchia conoscenza dal capello sbarazzino, esce dalla porta proprio lui, Pino Giammarinaro. Ebbene sì, per venire a Milano a dire che la mafia ormai non è più quella di una volta, che la mafia sta nelle pale eoliche grandi come “cazzi di venti metri”, Vittorio Sgarbi preferisce portarsi dietro un pezzo di storia democristiana come Giammarinaro, un tecnico!
Mentre lo guardo ho davanti agli occhi i due anni di latitanza, la sorveglianza speciale, i cugini Salvo in certe foto in bianco e nero. Con aria sprezzante e voce ferma decide di darmi la sua versione della storia. “Io sono stato assolto. E ad assolvermi fu Ingroia, mica una signorina!”. Inutile ricordargli il resto del suo curriculum, non ci sente. Sembra cadere dalle nuvole mentre mi perquisisce con lo sguardo, cercando di capire chi ha di fronte. Il tempo di farmi distrarre da Grasso e Giammarinaro sparisce.

A Salemi qualcuno sostiene che l’Udc locale, corrente Giammarinaro (ce ne sono altre?), negli ultimi mesi abbia preso le distanze dalla giunta di Sgarbi. Complice l’interessamento del sindaco per la pioggia di contributi, “fraudolenti” secondo lo stesso Sgarbi, che da quarant’anni finanzia la ricostruzione del centro storico dopo il terremoto del ‘68 ?
Sgarbi dichiara di voler sanare la situazione. Nel frattempo qualche ammiratore gli recapita la testa mozzata di un maiale. Che lo preferisse quando, meno di un anno fa, dichiarava che la mafia ha perso la capacità di condizionare il potere economico e politico? I maiali non servono. Basterebbe spiegare al sindaco che non si può pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca!
Che dire? Qui a Milano, dove “la mafia non esiste” (Letizia Moratti), tutto bene: Vittorio ha difeso l’onore di Pino, i galoppini di Vittorio hanno difeso l’onore di Pino, Pino ha difeso l’onore di Pino.
Per me e Antonio passeranno ancora diverse decine di minuti prima di poter recuperare i documenti e i pezzi della telecamera, miracolosamente funzionante.
La cassetta rimane alla Digos, su richiesta di Sgarbi e del suo clan. Il pretesto è la mancata autorizzazione a riprendere l’evento. Ci fanno sapere che Sgarbi non sporgerà denuncia. E vorrei vedere! Noi la sporgeremo? Ci stiamo pensando.

Franz Baraggino

giovedì 2 luglio 2009

Mafia: attentato incendiario al direttore di Terra Nostra

Dopo una minaccia di morte di stampo mafioso, alle 00.45 del 2 luglio un attentato incendiario ha distrutto l’automobile del direttore di Terra Nostra. Il giornalista Gianni Lannes si batte da anni per la legalità e la giustizia, contro le mafie d’ogni latitudine. Si teme per la sua vita. Stamani il deputato Leoluca Orlando ha sollecitato il Governo ed il prefetto di Foggia, Nunziante, ad assicurare protezione al temerario cronista.
GIANNI NON MOLLARE SE FANNO QUESTO E' SOLO PERCHE' TI TEMONO.
VAFFANCULO VIGLIACCHI