giovedì 19 marzo 2009

Ratzinger......io e te non abbiamo lo stesso Dio

“Non usatelo, Dio non vuole”. Dio? Quanto vale quel dio e quanto valgono le parole di papa Ratzinger contro l’uso dei preservativi? Mille morti? Diecimila? E quanti futuri ammalati nel mattatoio Africa, un milione? Dieci milioni?
Ma in quale orribile Dio crede questo papa tedesco? Un Dio capace di barattare l’uso di un sacchetto di plastica (il terribile “preservativo”) con la sofferenza di donne, uomini, bambini disidratati dal male, uccisi lentamente, notte dopo notte, mese dopo mese, nei tuguri e nei cronicari, tra la polvere dei villaggi?

Il solo dio capace di tanta vanitosa crudeltà è l’uomo. Peggio ancora se bianco. E ricco. E padrone delle vite altrui. E servilmente servito, nutrito, riscaldato. E talmente tormentato dall’ossessione sessuale, di maschio padrone dei mostri notturni, da attribuirla alla propria proiezione celeste, come se da quella siderale distanza, un qualunque dio si chinasse a controllare, oltre ai sentimenti di uomini e donne, anche le tecniche dell’amore, le posizioni, le intenzioni, frugando tra le lenzuola fino all’ultima verifica, al confine tra i sommersi e i salvati: il lattice del preservativo.

E’ lo stesso dio dis/umano che permette la fame, la guerra, la malattia. L’infelicità dei nati storpi. Le multiple ignoranze e crudeltà che consentono di lapidare una donna, riabilitare un tale Williamson, il vescovo che se ne frega dell’Olocausto, e poi naturalmente di fulminare gli omosessuali, sterminare i miscredenti, bruciare, imprigionare, distruggere. Ma che trova sempre il tempo - tra le fiamme del mondo, quando viene sera - di scendere tra noi, controllare quel pezzetto di plastica (“guai a voi”), sfilarlo, e poi godersi le conseguenze, declinate in milioni di pianti e vite.

lunedì 9 marzo 2009

Questa è la mia terra ed io la difendo, e tu?


Il grande pubblico aveva conosciuto Giuseppe Gatì come “il contestatore di Sgarbi”. Quando, con il suo eskimo e il suo berretto, il 28 dicembre del 2008 alla biblioteca Franco La Rocca di Agrigento aveva, assieme ai suoi amici, contestato pubblicamente Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi, e i suoi reati. “Viva Caselli, viva il pool antimafia” urlava mentre alcuni, tra peones, galoppini e vigili urbani, lo strattonavano malamente e lo minacciavano. Urlava i nomi dei suoi eroi contro la mafia, in faccia a chi invece chiamava Caselli non eroe, ma “assassino”. Giuseppe sapeva infatti che il primo cittadino di Salemi era stato condannato in primo e secondo grado (poi era sopravvenuta la prescrizione) per diffamazione del giudice Caselli e al pool antimafia di Palermo. Ma la polizia municipale, la forza pubblica, anziché difendere quel giovane coraggioso, pieno di dignità, lo bloccò come si blocca un pericoloso mafioso, nel peggiore dei casi. Lo Stato che difende i condannati in via definitiva e maltratta chi urla per la Giustizia. Lui, a mente fredda, raccontò i retroscena sul suo sito, www.lamiaterradifendo.it: “Sono stato subito preso e spintonato da un vigile, mentre qualcuno tra la folla mi rifilava calci e insulti. I miei amici vanno via perchè impauriti, mentre io vengo trattenuto dai vigili. Si avvicina un uomo in borghese, che dice di appartenere alle forze dell’ordine e cerca di perquisirmi perchè vuole la videocamera (che ha portato via la mia amica). Io dico che non può farlo e lui mi minaccia e mi mette le mani addosso. Arriva un altro personaggio, e minaccia di farmela pagare, ma i vigili lo tengono lontano. Dopo vengo preso e portato in una sala appartata della biblioteca, dove la polizia prende i miei documenti e il telefonino. Chiedo di vedere un avvocato (ce n’era addirittura uno in sala che voleva difendermi), per conoscere i miei diritti, ma mi rispondono di no. Mi identificano più volte e mi perquisiscono. Poi mi intimano di chiamare i miei amici, per farsi consegnare la videocamera, ma io mi rifiuto. Arriva di nuovo il presunto appartenente alle forze dell’ordine in borghese e mi dice sottovoce che lui dirà di esser stato aggredito e minacciato da me. Non mi fanno parlare, non mi posso difendere. Dopo oltre un’ora e mezza mi dicono che non ci sono elementi per essere trattenuto ulteriormente, mi fanno fermare il verbale di perquisizione e mi congedano con una frase che non posso dimenticare: “Devi capire che ti sei messo contro Sgarbi, che è stato onorevole e ministro…”. Nei giorni a seguire quel video fece il giro delle tv, e su internet lo guardarono oltre 100 mila persone. Sonia Alfano, figlia di Beppe, il giornalista ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto, assieme a Beppe Grillo raccontarono di Giuseppe con comunicati e denunce contro il vergognoso comportamento delle forze dell’ordine. Con il suo urlo antimafia Giuseppe diventa in poco tempo un simbolo, uno squillo di tromba nel grigiore etico e morale agrigentino. Beh Giuseppe non contesterà mai più Sgarbi né nessun altro diversamente onesto. Giuseppe è morto il 31 gennaio mentre lavorava per l’azienda di suo padre: era andato a prendere il latte da un pastore ed è stato folgorato mentre apriva il rubinetto della vasca refrigerante del latte. Era di Campobello di Licata Giuseppe, e lavorava nel caseificio di suo padre, con le sue “signorine”, le sue capre girgentane, che portava al pascolo.
Di ogni grande uomo si ricordano le massime, gli aforismi. Di Giuseppe voglio ricordare una frase bellissima, che mette i brividi.
“E’ arrivato il nostro momento, il momento dei siciliani onesti, che vogliono lottare per un cambiamento vero, contro chi ha ridotto e continua a ridurre la nostra terra in un deserto, abbiamo l’obbligo morale di ribellarci. Questa è la mia terra ed io la difendo, e tu?”.

Rifiuti, truffa all'impianto di Colleferro tredici persone agli arresti domiciliari

I carabinieri del Noe hanno sequestrato due termovalorizzatori, 25 gli indagati
Traffico illecito di materiali, anche pericolosi, che venivano smaltiti in violazione delle norme

Operai intimiditi e vessati per impedire che collaborassero con la magistratura

ROMA - Due termovalorizzatori dell'impianto di Colleferro sono stati sequestrati e 13 persone sono state poste agli arresti domiciliari con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, accesso abusivo a sistemi informatici, violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni e favoreggiamento personale. L'operazione è stata condotta dal Nucleo operativo ecologico (Noe) dei Carabinieri di Roma, diretti dal capitano Pietro Rajola Pescarini. Le ordinanze di custodia cautelare, emesse dalla procura di Velletri, sono state eseguite nelle province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno. Le persone indagate sono in tutto 25.

Ai domiciliari sono finiti i dirigenti del consorzio che gestisce l'impianto di smaltimento alle porte di Roma e alcuni responsabili dell'Ama per il ciclo dei rifiuti.

Le indagini, durate circa un anno, si sono sviluppate con servizi di osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti, consulenze tecniche. Gli inquirenti hanno accertato che a Colleferro veniva smaltito ogni tipo di rifiuto violando "tutte le norme previste". Parte del materiale arrivava "di nascosto" dalla Campania e comprendeva anche rifiuti pericolosi che dopo essere stati trattati venivano commercializzati come cdr.

Significativo è l'episodio che riguarda la combustione di pneumatici all'interno del termodistruttore, nonostante le rimostrante e i dubbi posti da alcuni operai verso i responsabili dell'impianto. Il materiale non idoneo veniva annotato dagli operai sulla documentazione e sui registri di accettazione con diverse diciture quali "Munezza", "Pezzatura grossa" o "scadente". Le autorità debbono ora verificare se si siano prodotte pericolose immissioni di fumi nell'ambiente circostante, densamente popolato.

Nel mirino della magistratura anche "il condizionamento nei confronti di dipendenti ed operai, anche attraverso pretestuose contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l'autorità giudiziaria".

Il Gip ha autorizzato la prosecuzione delle attività di termovalorizzazione, che tuttavia dopo il sequestro dovranno avvenire sotto la vigilanza del personale del Noe di Roma.

mercoledì 4 marzo 2009

RIFIUTI: la Provincia di Roma adotta il metodo "Vedelago"

Mentre Comuni e Provincie di varie regioni d'Italia fanno di tutto per cercare di convincerci che l'inceneritore è cosa indispensabile, la Provicia di Roma sceglie la strada del buon senso
Lo ha reso noto la Dott.ssa Patrizia Gentilini, oncoematologa e referente ISDE per la provincia di Forlì, che a sua volta l'ha appresa dalla stessa titolare dell'azienda di Vedelago (in provincia di Treviso), Carla Poli, dove, grazie al suo metodo, si riesce a riciclare fino al 95% dei rifiuti che vi vengono consegnati.
Ma non basta, poiché altre aziende che usano lo stesso processo, come quella di Capannori, in Toscana, puntano addirittura al 100%.

La Società Centro Riciclo Vedelago srl gestisce dal 1999 un impianto di stoccaggio e selezione meccanica di rifiuti ai fini del recupero di materiali. La sua attività consiste nel ricevere le frazioni secche riciclabili dei rifiuti urbani e assimilati, selezionare i materiali in base alla composizione merceologica, compiere le operazioni necessarie per la riduzione volumetrica, gestire la fase di destinazione in uscita delle singole tipologie di materiali che, in relazione alla possibilità di riutilizzo, vengono consegnati a impianti di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi.

Conferiscono presso il Centro i Comuni, i Consorzi di Comuni e le Aziende produttive che attuano la raccolta differenziata. I conferimenti in ingresso al Centro vengono autorizzati solo in presenza di sicura possibilità di riutilizzo dei materiali selezionabili.

Per la consegna dei materiali in uscita, invece, il Centro è piattaforma convenzionata dei seguenti Consorzi Nazionali di filiera: CO.RE.PLA. per la plastica, C.N.A. per l'acciaio e i ferrosi, C.I.AL. per l'alluminio, CO.RE.VE. per il vetro, COMIECO per la carta e RILEGNO per il legno. Per la consegna dei materiali selezionati di provenienza industriale il Centro ricerca nel mercato le destinazioni più idonee e remunerative.

Fra le altre cose va detto che questa azienda è in grado di produrre una mescola (sostituto della sabbia) costituita da plastiche eterogenee di riciclo provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani e industriali, da impiegarsi in miscele con malte cementizie e calcestruzzi per ottenere manufatti e prodotti tipici dell’edilizia.

Naturalmente l'azienda delle signora Poli è meta continua di delegazioni che vi giungono da tutto il mondo per rendersi conto delle meraviglie che si possono realizzare grazie ad una tecnologia che è interamente italiana. Così che anche la Provincia di Roma, come abbiamo detto all'inizio, è stata convinta della bontà di questa strada tanto da aver stanziato 28 milioni di euro per la costruzione sul suo territorio, di due di questi impianti di recupero e riciclo. Niente inceneritori, dunque per i fortunati cittadini amministrati dal presidente Nicola Zingaretti!

Oltre tutto la validità del "metodo Poli" è stata attestata anche a livello scientifico, basti considerare al riguardo che solo pochi giorni fa sono state discusse alla Sapienza di Roma ben tre tesi di laurea, con la stessa Poli come relatrice, che hanno suscitato un enorme interesse.
Sindaci, presidenti e assessori sono dunque avvertiti, qualora perseverassero ostinatamente sulla strada degli inceneritori, dovranno sapere che i cittadini presenteranno il conto, perché scegliere la strada della SICURA NOCIVITA' quando può essere evitata NON PUO' ESSERE PERDONATO A NESSUNO!
Redazione Liberacittadinanza